Cultura

Alla consulta la tentazione dell’Islam fai da te

L’Ucoi ha cambiato punto di vista sull’organismo: «Non ci sono meccanismi di rappresentanza credibili», dice Piccardo. Ma Younis Tawfik e Pallavicini sono ottimisti.

di Paolo Manzo

Non poteva cadere in un momento più delicato la prima riunione con il ministro degli Interni, Giuseppe Pisanu della neonata Consulta islamica, lo scorso 8 febbraio. E, come prevedibile, il caos planetario scatenato dalle vignette danesi su Maometto, spacca il tavolo attorno al quale siedono i principali esponenti dei gruppi musulmani italiani. Per lo scrittore italo-iracheno Younis Tawfik, «è molto importante che l?insediamento della Consulta sia avvenuto in un momento così difficile per la comunità islamica, che comunque ha dimostrato di essere civile e preparata». Uno strumento utile, dunque, a detta dell?autore de L?Iraq di Saddam e La Straniera, secondo il quale la Consulta è un organo «super partes, costituito con tanta difficoltà, e che sarebbe opportuno e intelligente fare di tutto per mantenere in vita. Chiunque arrivi al governo nella prossima legislatura». Sulla stessa linea Yahya Sergio Yahe Pallavicini, imam, scrittore nonché vicepresidente della Coreis – Comunità religiosa islamica, secondo il quale l?alternativa alla Consulta sarebbe un «Islam fai da te e qualunquista». Di tutt?altro avviso l?Ucoii, rappresentata al Viminale dal suo presidente, il medico di origine siriana Mohamed Nour Dachan. Il disappunto dell?Unione delle comunità e delle organizzazioni islamiche in Italia, Vita lo raccoglie dal suo segretario nazionale, Hamza Roberto Piccardo. «Spero che questa sia la prima e ultima riunione della Consulta, perché è uno strumento improprio, costituito in maniera del tutto antidemocratica, con persone scarsamente rappresentative della realtà islamica in Italia, a parte due o tre, e con un meccanismo da manuale Cencelli di distribuzione delle presenze. Insomma, non è un bello strumento e, anche se che chi dice sia sempre meglio di niente, io non ne sono affatto sicuro?». Nello specifico, sul fronte dei favorevoli, l?obiettivo è duplice. Per Pallavicini «aiutare la formazione qualificata di un modello islamico che possa garantire sul serio piena dignità della religiosità musulmana integrata nel territorio nazionale e con le specificità della società civile, della cultura, della lingua, del modello politico italiano. Questo è quello per cui dobbiamo lavorare in Consulta». Le richieste di Tawfik, invece, sono «una continuità di contatto tra istituzione e comunità, il riconoscimento dell?islam come religione in Italia e la definizione dello status per moschee e imam. Infine, maggiori interventi nelle scuole per far conoscere ai nostri concittadini italiani i principi sani dell?islam e spiegare i valori della democrazia e della libertà ai musulmani residenti in Italia o appena arrivati. Affinché comprendano cosa significa la libertà di pensiero e capiscano che, quando un artista o un intellettuale scrive, non lo fa per offendere o ferire ma per l?arte in sé». Poche proposte e ancora tante critiche da Piccardo, per cui la Consulta altro non è che «una scelta di tipo totalmente autocratico del ministro. Del resto, se il nostro presidente, che rappresenta 30 anni di lavoro islamico in Italia e conta su 112 associazioni tra i suoi membri, pesa come una signora di cui non voglio fare il nome e che rappresenta se stessa e la sua famiglia, evidentemente si tratta solo di un meccanismo consultivo. Invece, credo che un governo che abbia maggior preoccupazione per una relazione profonda con le comunità islamiche, specialmente in questo momento così delicato, debba usare ben altri strumenti». La soluzione? Per il segretario nazionale dell?Ucoii una nuova «legge sulla libertà religiosa».


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